Definizione:
Lo zeugma è una figura retorica di parola che consiste nel legare ad un unico verbo due espressioni che invece, per il loro significato, dovrebbero dipendere da due verbi distinti:
- Es.: Io sono nato a Roma mia moglie a Napoli – il verbo in prima persona (sono nato) si adatta al primo soggetto (Io) ma non al secondo soggetto (mia moglie) che richiederebbe il verbo alla terza persona singolare.
Il termine zeugma deriva dal greco zéugnymi e significa aggiogamento, legare al giogo, nel senso di tenere unite due cose sotto un unico legame.
Lo zeugma è un tipo di elissi, ovvero l’omissione di qualcosa nella frase, che nel caso dello zeugma riguarda il verbo che regge due termini di cui uno risulta sintatticamente o semanticamente incoerente.
Lo zeugma può essere sintattico o semantico, a seconda che l’incoerenza, l’errore, riguardi la forma o il senso della frase.
L’illogicità, l’incoerenza creata attraverso lo zeugma è un errore tollerato perché serve per:
- dare al testo una maggiore concisione,
- ottenere un’esposizione più diretta ed intensità espressiva,
- evitare ripetizioni che potrebbero appesantire la frase.
Uso nel linguaggio comune:
Nel linguaggio comune si ricorre molto spesso a questa figura retorica, es.:
- Io vado di qua, tu di là, in cui la prima persona si adatta al primo soggetto ma non al secondo che richiederebbe la seconda persona singolare (tu vai di là);
- Io colleziono francobolli, i miei genitori cartoline , anche in questo caso il verbo alla prima persona si adatta al primo soggetto ma non al secondo che richiederebbe la seconda persona plurale (i miei genitori collezionano cartoline);
Esempi letterari di Zeugma:
Gli esempi tratti da testi e poesie famose sono il modo migliore per comprendere pienamente il significato dello zeugma e quando sia da utilizzare.
(Dante, Divina Commedia, Inferno, Canto XXXIII, v.9)
i due infiniti parlare e lagrimar sono retti entrambi da vedrai, mentre parlare richiederebbe il verbo udire o sentire.
(Dante, Divina Commedia, Purgatorio, Canto XXXI, v.20)
lagrime e sospiri sono retti da sgorgando ma il verbo non si adatta a sospiri (i sospiri non sgorgano).
(Ariosto, Orlando furioso, Canto I, Proemio, Ottava II)
Furore e matto vengono retti da venne ma matto richiederebbe invece il verbo divenire (divenne matto).
e alla man veloce…"
(G. Leopardi, A Silvia, vv.20-21)
porgea gli orecchi (ovvero sentivo) si accorda solo a al suon della tua voce e non alla man veloce (che richiederebbe invece vedevo).